Gustare al ristorante
Quando mangiamo, generalmente, prestiamo scarsa attenzione alle sensazioni che arrivano al nostro cervello grazie agli organi di senso. Chi è così fortunato da poter scegliere cosa mangiare quotidianamente, ormai consuma il pasto con una certa dose di fretta e indifferenza. Pochi si soffermano con un po’ di attenzione su ciò che stanno per ingerire.
Ritengo questo uno dei principali “mali” del settore enogastronomico italiano attuale. Se non stiamo attenti, il patrimonio dei sapori e degli aromi della nostra tradizione culinaria si appiattirà e tenderà a scomparire, soppiantato da gusti e profumi standard globalizzati, magari di qualche fast food o similari.
Senza avere la pretesa di concentrare in un breve articolo le lezioni, e poi gli anni, necessari a diventare assaggiatori tecnici, illustrerò le basi da conoscere per gustare un piatto al ristorante.
Cominciamo con una constatazione: i sensi sono tutti coinvolti, non bisogna limitarsi al gusto. Per scoprire un alimento, e crearci una sua rappresentazione mentale, impieghiamo l’udito per sentire che suono produce il prodotto stesso (ad esempio lo snap quando si spezza la cioccolata) o il suo servizio (come il suono del vino versato nel bicchiere). Usiamo la vista per valutarne gli aspetti fisici evidenti, come colore e forma, o meno immediati, come la temperatura o la consistenza. Percepiamo poi l’aroma, grazie all’olfatto, che ci rende capaci di discriminare se sia un prodotto tendenzialmente piacevole, o presenti qualche nota non gradita. Il tatto interviene in due modi: o attraverso l’uso delle mani, ove possibile, o attraverso le sensazioni che recepiamo nella cavità orale. In questo modo possiamo confermare quanto appreso inizialmente dalla vista (come la temperatura di un tortellino in brodo, fumante), oppure aggiungere altre informazioni sulla consistenza e la texture. Ultimo ma non meno importante il gusto.
Il sapore, che possiamo provare appunto attraverso il senso del gusto, può essere di cinque “tipologie”: dolce, salato, amaro, acido e umami.
Fate un piccolo esperimento. Provando ad assaggiare un pezzetto di limone, a naso tappato e senza respirare, apparirà acido. Facendo poi una profonda inspirazione, le molecole odorose arriveranno alla cavità nasale, dove riconosceremo l’aroma dell’agrume. Bocca e naso sono infatti collegati, all’interno del cavo orale.
Quando ci viene presentato un alimento, una bevanda, o un piatto, ricordiamo di applicare un minimo di analisi sensoriale per valutare quanto abbiamo davanti. Questo criterio vale per tutti, ristoratori e non. Voglio sperare sia lapalissiano che un imprenditore del settore dovrebbe, almeno periodicamente, assaggiare gli ingredienti che acquista ed i piatti che serve ai propri clienti, altrimenti come potrebbe sapere cosa propone?
Francesco Siri